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Viaggio alla scoperta delle evidenze del gioiello nell'arte.

Capitolo IV: il Sacro

L'inestricabile legame con il sacro si manifesta attraverso l’analisi del linguaggio dell’oro, cioè dei significati che le pietre acquisirono grazie alle fonti scritte antiche che ci tramandano, infatti, indizi straordinari a riguardo: nel Vangelo di Giovanni, lo Splendore Divino è paragonato metaforicamente alla bellezza di rilucenti gemme, e la città Santa è costruita con oro e pietre preziose. Questi elementi divengono attributi fondamentali degli apostoli, della Vergine, di Cristo stesso. Dunque si assiste a una vera e propria codificazione di significati associati a gemme e preziosi, che si dimostrano necessari per comprendere alcune opere e leggerne i messaggi. Codificazione che si manterrà e si arricchirà nei secoli.

Quando si parla del sacro non si può tralasciare la grande importanza che l’oro ha sempre avuto come veicolo di espressione del messaggio divino. Il fondo oro era simbolo della sfera celeste del sacro. Esso è molto diffuso nelle tavole medievali: a fornire le istruzioni per l’applicazione del materiale prezioso sulle tavole fu Cennino Cennini, artista e teorico.


Giotto di Bondone fu colui che, per primo, decise di squarciare questo velo prezioso per rappresentare il cielo e le stelle degli uomini, senza mai rinunciare all’utilizzo dell’oro per tanti altri particolari delle sue pitture.


In tempi successivi il fondo oro verrà progressivamente abbandonato e al suo posto compariranno i gioielli dipinti.

Queste gioie che ornano molto spesso il corpo della Vergine ed altri santi, così come Cristo stesso, svolgono la funzione di veicolo di messaggi simbolici, come per esempio accade nel Polittico dell’Agnello Mistico di Jan e Hubert van Eyck, realizzato nel 1432, uno dei grandi capolavori della storia dell'arte mondiale. Si trova a Gent, nella Cattedrale di San Bavone, nel cuore delle Fiandre.

Si tratta di un’opera monumentale, misura tre metri e mezzo in altezza, e quattro e settanta in larghezza quando è aperto. Infatti il polittico è dipinto su entrambi i lati ed era stato concepito per essere chiuso o aperto, quindi per mostrare certi scomparti piuttosto che altri, secondo le occasioni. Quando il polittico è aperto, mostra all’osservatore 12 tavole, suddivise su due registri. Quando è chiuso, si può ammirare la scena dell’Annunciazione, con i due protagonisti, abbigliati di candide vesti, che occupano uno spazio unitario, separati però da due pannelli centrali.

Nel caso della Vergine, le pietre che solitamente le si associano sono quelle che simboleggiano le Virtù Teologali, cioè il carbonchio della fede, lo smeraldo della speranza e il rubino della carità. E' curioso osservare come in questo caso la Vergine venga ornata di gioie in maniera differente a seconda dell’evento narrato nel polittico: nelle ante esterne, in cui viene raccontato il momento dell’Annunciazione, Maria appartiene ancora al mondo terreno e viene raffigurata con pochi e semplici gioielli (porta sul capo una sorta di frenello composto da un filo di perle, simbolo di purezza) ma, al contempo, viene investita della luce divina emanata dal diadema e dal medaglione indossati dall’Arcangelo Gabriele.

I gioielli e la luce che emanano divengono espressione del messaggio divino, manifestazione dell’invisibile.


All’interno del polittico, abbiamo la rappresentazione della Deesis.

Nel mezzo, Cristo re in trono è abbigliato con un’ampia veste rossa, indossa una tiara a tre corone, con la mano destra compie il gesto della benedizione e con la sinistra mostra lo scettro: sono tutti attributi che lo identificano come Rex Regum, Dominum Dominantium (“Re dei re, Signore dei signori”), titolo che vediamo sul bordo inferiore del mantello, ornato di perle.

La regalità di Cristo è del resto sottolineata anche dalla ricchezza dei gioielli che decorano la sua veste e dall’ulteriore corona posata ai suoi piedi. La sua figura è stata spesso scambiata per quella di Dio Padre, ma la tradizione iconografica che prevede la figura di Gesù al centro della Deësis, e ulteriori attributi (il pellicano oppure il motivo della vite) non lasciano dubbî.

Il preziosismo che contraddistingue i tre personaggi della Deësis non ha eguali nel resto del polittico. Ogni dettaglio trasuda opulenza: lo stesso Giovanni Battista, solitamente vestito di abiti logori, sopra alla sua tradizionale tunica fatta di peli di cammello indossa una mantella bordata d’oro e ornata di perle e gemme.

Particolarmente elaborata è la decorazione della Vergine, la cui corona alterna alle pietre preziose gigli e rose, mughetti ed altri fiori simbolici, e indossa un abito finemente decorato e ornato con perle, zaffiri, smeraldi e rubini. Sulla corona è incastonato un grosso diamante, segno che ora anche lei fa parte del Regno Celeste.


Si tratta d’elementi che evidenziano il gusto per il lusso dei committenti del polittico.


P.S. Da un’indagine preliminare condotta nel 2010, si è giunti alla conclusione che l’opera necessitava d’un restauro, partito due anni più tardi, grazie anche al sostegno finanziario della The Getty Foundation. Nella foto, i Tecnici del KIK-IRPA al lavoro, nel Museo di Belle Arti di Gent, sugli scomparti del polittico.

Ph. Credit KIK-IRPA

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