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L’oro sulla pelle: i gioielli di Giorgio De Chirico (parte II)

Spilla Adamo ed Eva: oro, rametto di corallo, brillanti, smeraldi

Il soggetto trae l’iconografia del nudo femminile sia dalle Bagnanti degli anni Cinquanta sia da precedenti figure di ispirazione mitologica. In particolare, Eva ricorda molto da vicino Nudo di Tetide, nella postura del corpo seduto sulla roccia, nei lunghi capelli e nel panno che copre le parti intime.

Accanto a lei, Adamo è raffigurato allo stesso modo, seduto su un panno che ricopre la roccia, trattato con una patinatura da ossidazione, al fine di ampliare la varietà cromatica dei materiali preziosi utilizzati.

Al centro è posto un ramo di corallo rosa su cui si avvinghia un tralcio vegetale in oro bianco, decorato con brillanti e smeraldi incisi a forma di foglia, che allude all’albero del frutto proibito.

Spilla Eva: oro, rametto di corallo, brillanti, smeraldi, firmata sul retro al centro: G. de Chirico

Questo gioiello ricalca l’iconografia della spilla Adamo ed Eva in una versione senza la figura maschile. Eva è riproposta con l’aggiunta del velo che le ricopre il capo e scende lungo la schiena, elemento presente anche in altre figure femminili, tratte dal repertorio classico, come ad esempio Le tre grazie, caratterizzate dall’opulenza neobarocca.

Anche in questo caso la patinatura da ossidazione, che riguarda sia il velo che il panno disteso sulle parti intime, contribuisce a ravvivare la composizione.


Spilla Quadriga, (due versioni): oro, smeraldi, rubini, zaffiri

La spilla è direttamente riferibile al dipinto "Combattimento tra Ettore e Achille sotto le mura di Troia" (1947) che descrive lo scontro degli eroi, secondo il testo di Omero, in una scena di grande impeto.

Il gioiello riproduce il carro con il guerriero che brandisce la lancia, visibile a sinistra della tela e, in modo analogo, fissa il movimento dinamico dei cavalli. La tecnica esecutiva mostra grande precisione nei particolari descrittivi, specialmente dello scudo e delle bardature dei cavalli patinati con ossidazione, finemente cesellati e decorati dalle pietre preziose incastonate.

L’iconografia dei carri da combattimento, derivante dagli esempi dei bassorilievi romani, fu elaborata dal Maestro negli anni Venti nel fregio decorativo Cours de chars (1928) per la casa parigina di Léonce Rosenberg. il titolare di una raffinata e sofisticata galleria d’Arte, la Galerie de l’Effort Moderne, dove esposero, fra gli altri, Léger, Braque, Picasso, Mondrian e Picabia. Giorgio de Chirico, nonostante i rapporti a volte tempestosi con il suo dispotico gallerista, accettò di realizzare undici tele per il nuovo appartamento che Rosemberg aveva affittato in rue de Longchamp. L’intero appartamento fu realizzato in puro stile Déco, sorta di tempio del gusto dell’epoca ed esposizione permanente degli artisti che lavoravano per l’eccentrico mercante.

A De Chirico fu affidata la decorazione della sala da pranzo principale, per la quale fu scelto il tema dei gladiatori, soggetto particolarmente caro all’artista. Il complesso decorativo, considerato una nuova proposta figurativa anti-materialistica e ricca di significati spirituali, fu smontato e messo all’asta nel 1932, insieme a tutti i beni di Rosemberg, dichiarato fallito in seguito al crollo di Wall Street. Di quel grandioso complesso, ora disperso fra musei e collezioni private, sono visibili a Milano Le combat, facente parte del patrimonio di Casa Museo Boschi di Stefano (Milano) e questa Corsa di quadrighe usato per decorare gli spazi rimasti vuoti al di sopra delle due ampie porte d’accesso alla sala da pranzo.

L'iconografia ritorna anche più avanti, negli anni Sessanta, nelle illustrazioni dell’Iliade.


Spilla Efebo con cavallo: oro, smeraldi, brillanti, rubini

Il gioiello è direttamente riconducibile all’omonimo dipinto e ripropone perfettamente il rapporto tra l’uomo e l’animale, in un gioco di relazioni dinamiche: alla torsione del collo del cavallo corrisponde il movimento del volto del giovane che lo guarda e lo scatto del braccio che tira le briglie. Le figure poggiano su una base decorata da pietre preziose incastonate e presentano alcuni dettagli patinati da ossidazione.


Spilla e Orecchini Musica e luce (Candelieri con spartito): oro bianco e giallo con brillanti

Questa parure, invece, è frutto di un’invenzione dechirichiana che non trova rimandi nella pittura. Gli orecchini e la spilla sono composti da cinque candelieri che poggiano su uno spartito e su un ramo di rose con le foglie decorate da brillanti. Il riferimento alla musica è un chiaro omaggio all’opera lirica, mentre le candele accese possono alludere a un’atmosfera intrisa di romanticismo non priva di quel gusto ‘passatista’, caro al Maestro e inteso nel suo significato più alto.


Egli sostenne, con coraggio e in controtendenza con le avanguardie storiche dei primi del Novecento (astrattismo, fauvismo, cubismo, espressionismo, surrealismo), che per imparare a dipingere era assolutamente necessario lo studio degli antichi maestri, copiandoli, appunto, per apprenderne il disegno e le tecniche pittoriche; e se a copiare le opere altrui è un vero artista, egli le ricrea nello stile che gli è proprio. Picasso disse provocatoriamente: “Solo i mediocri imitano, il genio copia”.

“… ma un problema mi tormenta da circa tre anni: il problema del mestiere, è per questo che mi sono messo a copiare nei musei” disse de Chirico, Per “ritorno al mestiere” intendeva la cura del disegno, l’esercizio della copia, sia dalla scultura che dai quadri dei maestri del passato. Fece del suo antimodernismo (ma lo era davvero?) il suo leit-motiv, continuando fino a tarda età a produrre sia repliche neo metafisiche da se stesso, sia con studi e repliche dagli antichi maestri, tra i quali, per lui, il più grande è stato Pietro Paolo Rubens.

“[…] il tempo non esiste e […] sulla grande curva dell’eternità il passato è uguale all’avvenire. […] e ogni notte il sogno, nell’ora più profonda del riposo, ci mostra il passato uguale al futuro, il ricordo si mischia alla profezia in un’unione misteriosa."

Giorgio de Chirico


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