MADAMA BUTTERFLY
acrilici, banconote, monete e Swarowski su carta e tela
80x60, MF0452, 2024
Negli ultimi anni del XIX secolo si diffuse l’Orientalismo, moda funzionale alla veicolazione di messaggi filo colonialisti, che presupponeva una subalternità delle culture asiatiche a quelle occidentali. L’oriente veniva rappresentato come la parte femminile del mondo, facendo del dualismo del Tao una forzata allegoria in cui l’emisfero Yin rimaneva terra di conquista per occidentali arroganti e senza scrupoli. Le imprese coloniali, così, divenivano allegorie di conquiste erotiche, quando non di stupro etnico. Oggi noi conosciamo la realizzazione dell’opera di Puccini del 1904, una versione priva di visioni di vita occidentale, in cui cessava di essere la contrapposizione tra le due civiltà e, piuttosto, diveniva centrale l’impossibilità di contaminazione culturale reciproca, dovuta all’arroganza menzognera dello yankee e forse del colonialismo occidentale intero.
Pinkerton viene tratteggiato come uno spregevole cow-boy della marina statunitense, maturo se non attempato, la cui “sposa” giapponese, appena quindicenne, viene soprannominata Butterfly, con un rimando inequivocabile tanto alla farfalla come effimera e leggiadra creatura degna di un ornamento per un vaso o una seta del Sol Levante, quanto ad un oggetto da collezione da infilzare con un spillo in un quadretto, così come il testo racconta. Ma Pinkerton aveva manifestato le proprie intenzioni: ”qual farfalletta svolazza e posa /con tal grazietta silenziosa/ che di rincorrerla furor m’assale/ se pure infrangerne dovessi l’ale”. L’uomo amato, che non è un eroe chiamato a grandi imprese mitologiche, come Teseo o Giasone, tornerà in patria per sposare un’americana “vera”, mentre persino i cromosomi si opporranno all’ibridazione tanto che, con la nascita del figlio di Cho-Cho-San, ancora una volta ne risulterà annientata la parte orientale, femminile, subalterna: “Chi vide mai a bimbo del Giappon occhi azzurrini? E il labbro? E i ricciolini d’oro schietto?”
Nel dipinto, Cho-Cho-San è raffigurata senza orbite: se gli occhi sono lo specchio dell’anima, lei la perse. A cornice della sua immagine, nel dipinto è stata inserita la lettera autografa che Puccini scrisse a Giulio Ricordi, dopo il fiasco della prima assoluta al Teatro alla Scala, nella quale esprime la sua amarezza e il timore di non poter vedere la “sua” Butterfly come lui l’aveva originariamente scritta, dovendone revisionare pesantemente la partitura, di cui è riprodotta nel dipinto una pagina manoscritta, con appunti del Maestro. A corollario, originali banconote giapponesi e italiane del 1904, anno di quella prima rappresentazione.
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