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E se il gioiello diventa occhio della rappresentazione visiva?

Poniamo l’attenzione sul ritratto e sul gioiello. Quest'ultimo può essere inteso come cornice sull’animo degli effigiati, ma anche e soprattutto come elemento spia:

  • dettaglio utile alla datazione dell’opera;

  • indizio della moda di una determinata epoca;

  • strumento per individuare pezzi unici appartenenti a grandi collezioni principesche:

  • chiave per comprendere quale fosse lo status sociale d’appartenenza dell’effigiato e se questi avesse particolari connessioni a ordini, sette o famiglie d’alto rango.


Frida Kahlo e i Lover's Eye

Talvolta però i monili incarnano anche un ruolo psicologico, espressione dei moti interiori dell’animo, occhi parlanti, come nel caso delle vistose collane di Frida Kahlo.

Frida amava smisuratamente abiti e gioielli vistosi, colorati, originali, di grande impatto visivo. Nelle foto che la immortalano, indossa sempre qualcosa di caratteristico, ad ornamento degli abiti tradizionali messicani. Frida amava agghindarsi per contrastare i suoi tormenti interiori, combattere e nascondere i segni dell’incidente che la costrinse a letto per anni e a farsi amputare una gamba. Realizzò un quantità impressionante di autoritratti, veri e propri "specchi" dei momenti da lei vissuti e riportati sulla tela.

Il moltiplicarsi delle collane in stile precolombiano o coloniale si attesta nel periodo immediatamente successivo al primo matrimonio con Diego Rivera e testimonia la forte influenza che ebbero su di lei il marito, le sue scelte politiche e i suoi compagni di lotta membri del partito comunista messicano. Utilizzando attributi legati alla cultura messicana, Frida manifesta le sue radici, dichiarandosi meticcia e cioè vera messicana, nata dall’unione di sangue spagnolo e indio.

Come afferma lei stessa: «I miei soggetti sono stati sempre le mie sensazioni, i miei stati mentali e le reazioni profonde che la vita è andata producendo in me». A partire dal 1930, cioè dal momento in cui dovette affrontare anche due aborti consecutivi, la sua vita muta radicalmente, ma negli autoritratti ancora si scorgono le grandi collane e gli appariscenti orecchini, sfoggiati con disinvoltura e fierezza.


Vi sono però due casi in cui il gioiello diviene qualcos’altro, entrambi datati 1940:


  • Autoritratto con collana di spine, in cui le coloratissime gioie polimateriche si trasformano in una collana di spine che le stringono e trafiggono il collo facendolo sanguinare. La collana sorregge un pendente, che ha le sembianze di un piccolo corvo morto con le ali aperte, la cui forma rievoca un presagio di morte, così come la caratteristica forma ad ala delle sopracciglia si impone sopra i suoi occhi, fortemente espressivi e penetranti tanto da sembrare neri come gli abissi della sua anima. 


  • Autoritratto dedicato al dottor Eloesser, in cui si verifica una traslazione di significato che coincide con uno dei nodi fondamentali della vita di Frida: le sue condizioni di salute peggiorano ed è costretta a volare a San Francisco per farsi curare sia per i dolori alla colonna vertebrale sia per una brutta infestazione di funghi alla mano destra. Simbolicamente, nel dipinto la mano ricorre per due volte e diventa oggetto ridondante: come orecchino, nella forma che Picasso diede ai pendenti che le regalò, e come sostegno del cartiglio che recita la dedica del quadro al dottore che la aiutò a guarire. Questa mano/gioiello inserisce il dipinto nella categoria degli ex-voto, poiché simboleggia l’avvenuta guarigione.

Infine, quando si parla di occhi della rappresentazione non si può certo prescindere dal trattare il monile che meglio li rappresenta: i Lover’s Eye, gioielli sentimentali diffusi tra XVIII e XIX secolo.

Il lover’s eye si configura come una magnificazione dell’occhio dell’amato, dipinto e incorniciato da splendidi monili in oro e pietre preziose o luminose perle. È qui che il gioiello diviene feticcio e cornice, e, talvolta, come nei dipinti contemporanei di Fatima Ronquillo, quadro nel quadro.

Partendo dal fatto che molto spesso i lover’s eye erano occhi di amati defunti o molto lontani, si può affermare che essi si configurano come finestra sul mondo dell’amato, sul suo animo, su una dimensione che fa parte della persona che lo indossa ma che al contempo essa non può vivere personalmente, una sorta di realtà virtuale.



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